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07/08/2018

 

LE AMBIZIONI NUCLEARI DELLA COREA DEL NORD

di Ilaria Stivala

 

Nelle ultime settimane le questioni inerenti al nucleare utilizzato per fini militari sono state all’ordine del giorno. Da anni ormai gli Stati non nucleari ed i pacifisti di tutto il mondo hanno raggiunto la triste consapevolezza che in un futuro, a breve o lungo termine, non si arriverà ad un accordo sulla distruzione delle armi esistenti, né gli Stati rinunceranno all’ammodernamento dei loro arsenali. Tuttavia, quando a farlo è un Paese ritenuto pericoloso e poco incline a rispettare i trattati e le raccomandazioni provenienti dalle organizzazioni internazionali, il problema diviene più allarmante. Ciò è accaduto in passato con la scoperta dei programmi nucleari iracheno ed iraniano e si è ripresentato quando il trattato di quest’ultimo doveva essere riconfermato; ma ancor più da quando il regime nordcoreano ha intrapreso una serie di test nucleari e missilistici, sempre più sofisticati ed in grado ti rappresentare una reale minaccia contro i propri nemici.

Il vertice tra il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ed il dittatore nordcoreano Kim Jong-un, avvenuto il 12 giugno scorso sull’isola di Sentosa, a Singapore, si era concluso con grandi aspettative positive circa l’ipotesi di procedere verso una totale denuclearizzazione della Corea del Nord, al punto che diversi analisti avevano parlato del “più grande successo di Donald Trump in politica estera”. Ciononostante, a quasi due mesi di distanza, la questione ancora non sembra essersi risolta, continuando a presentare incognite e sospetti che settimanalmente pongono le questioni nucleari nelle prime pagine dei giornali e al vertice delle preoccupazioni governative. L’annuncio del rapporto ONU in cui si annuncia la prosecuzione del programma nucleare e missilistico da parte della Corea del Nord in realtà è una falsa novità per gli esperti, che da diverso tempo ammonivano la comunità internazionale di non fidarsi delle promesse fatte da Kim Jong-un.[1] La storia, ma soprattutto le ideologie politiche e le dottrine strategiche che si sono susseguite negli ultimi decenni all’interno del regime dittatoriale, sembrano fornire insegnamenti e punti di riflessione fondamentali in merito. Infatti, Kim Jong-un ed i suoi predecessori si sono spesso serviti del nucleare per creare la pressione necessaria sugli USA e, in generale, sulla comunità internazionale, per raggiungere i propri obiettivi di politica estera.

Le ambizioni nucleari della Corea del Nord risalgono alla guerra scoppiata tra le due Coree (1950-1953), che non solo segnò una delle fasi più acute della Guerra fredda, durante la quale il rischio di un conflitto globale e il possibile utilizzo di bombe atomiche era sempre più concreto, ma ebbe anche un profondo impatto sulla leadership nordcoreana. Il pericolo che delle armi nucleari potessero essere usate contro di essi da parte americana divenne un principio centrale nel pensiero strategico del Paese, il quale cerò di ovviare a quella mancanza di difese sufficienti che ne mettevano in pericolo la sopravvivenza e l’indipendenza con una serie di provvedimenti nazionali e l’inizio di una più stretta collaborazione internazionale. Innanzitutto, vennero avviati una serie di esercizi di “Atomic Warfare” per prepararsi ad un possibile attacco nucleare; in secondo luogo, si iniziò a gettare le basi per lo sviluppo della propria rudimentale infrastruttura scientifica nucleare, posta sotto il controllo di pochi fidati collaboratori e del leader Kim Il-sung.[2] Ma il lavoro sul nucleare iniziò a progredire solo quando venne intrapresa una più stretta cooperazione con l’Unione Sovietica, inviandovi scienziati e tecnici per la formazione, e, dopo la firma nel 1959 del nuclear cooperation agreement, ottenendo l’aiuto nella costruzione di un reattore nucleare di ricerca a Yongbyon di tipo IRT-2000. Nel frattempo, però, cresceva costantemente la percezione di una costante minaccia proveniente dal vicinato, ed in particolare nei paesi a sud e ad est, i quali ospitavano rispettivamente 28.000 e più di 37.000 truppe americane, pronte ad intervenire in sostegno dei propri alleati o dei propri interessi. La volontà di colmare questo divario portò Kim Il-sung ad ampliare la ricerca sul programma nucleare; tuttavia, già in quei primi anni gli stessi alleati comunisti si erano resi conto del pericolo di armare con il nucleare la Corea del Nord, pertanto il Paese dovette procedere sostanzialmente senza aiuti esterni. [3]

Gli anni ’70 sono cruciali per lo sviluppo di una nuova ideologia politica ufficiale nota come “juche”, quella che si potrebbe definire la prima elaborazione strategica focalizzata sull’ottenimento di armi nucleari. L’artefice di questa teoria, basata sui principi marxisti- leninisti e sulla specificità nordcoreana, era lo stesso leader Kim Il-Sung, il quale l’applicava a tre dimensioni fondamentali:

  • politica ed ideologica, sottolineando l’uguaglianza tra le nazioni e, di conseguenza, il diritto di ogni Stato all’indipendenza;
  • economica, promuovendo l’autosufficienza, evitando la dipendenza dagli aiuti esteri che avrebbe potuto rendere lo stato un satellite politico di altri paesi;
  • militare, incoraggiando una politica attiva e bellicosa mediante la quale contrastare ogni possibile azione percepita come “imperialista” ed aggressiva. In particolare, si sottolineava la necessità di dotarsi di un arsenale nucleare, basandosi sulla convinzione che solo in questo modo la Corea del Nord avrebbe avuto la forza politica e militare necessaria per dissuadere gli Stati Uniti dall’uso di armi nucleari contro di essa. [4]

Con l’avvento dell’amministrazione Bush ed il moltiplicarsi delle prove che dimostravano la continuazione segreta del programma militare nucleare nordcoreano, la Corea del Nord è stata etichettata come uno dei Paesi “dell’asse del male”, e lo scontro tra i due Stati si è fatto sempre più intenso. Dopo l’uscita dal TNP, che aveva firmato nel 1985, non solo il programma nucleare militare è stato accelerato, ma il dittatore nordcoreano si è mosso in modo da innalzare al massimo la tensione con il principale avversario: gli Stati Uniti.

Negli ultimi anni le ambizioni nucleari, le violazioni dei diritti umani e la militarizzazione della società nordcoreana hanno portato ad una ferma opposizione internazionale, la quale ha reagito imponendo sanzioni sempre più stringenti in vari ambiti tra cui blocco petrolifero e dell’export tessile, il congelamento dei beni del leader. L’obiettivo di ottenere uno smantellamento completo, verificabile e irreversibile del programma nucleare nordcoreano si scontra, però, con quelle che sono le storiche preoccupazioni nordcoreane relative ad interferenze e minacce esterne, un’insicurezza che ha portato la Corea del Nord a dare priorità allo sviluppo di forze nucleari “a scopi di autodifesa”.

A confermare la volontà di proseguire verso l’ampliamento del proprio arsenale, a partire dagli anni ’90 sono state formulate nuove linee guida, che mirano al rafforzamento dell’approccio militare agli affari interni ed esteri. L’ideologia politica che tutt’oggi viene diffusa tra la popolazione, definita “songun” o “military first”, è molto più pervasiva della precedente e si pone come base della struttura politica e sociale nordcoreana, contribuendo ad indebolire i possibili oppositori interni ed il settore civile e, contemporaneamente, a rafforzare il potere della dinastia regnante e dell’esercito. Accanto all’indipendenza politica, alla prosperità economica e al miglioramento delle proprie capacità militari, vengono aggiunti diversi aspetti volti a fare di queste idee una parte integrante del sistema di credenze e della vita delle masse. Sono un esempio di ciò la promozione di un insieme di valori e norme specifiche, che includono la riverenza per l’esercito e la cultura militare; il forte legame tra l’esercito e la famiglia, che in caso di necessità si deve mobilitare e sacrificare per la prosperità del Paese. Ne consegue che, nella misura in cui tali idee sono diffuse e accettate, è altamente improbabile che il regime crollerà per una ribellione interna, nonostante i gravosi sacrifici imposti. [5] La centralità dell’esercito come difensore e pilastro della società si accompagna con la necessità di rafforzare le proprie capacità nucleari, elemento imprescindibile per garantire la sopravvivenza del regime ed il raggiungimento dell’obiettivo finale di una riunificazione della penisola coreana sotto il controllo del Nord.[6]

Le ipotesi sul futuro al momento non possono che essere incerte. Infatti, la distensione che poche settimane fa sembrava essere prossima a realizzarsi, oggi appare una mera illusione. È probabile che, come in passato, il dittatore nordcoreano si stia servendo della cosiddetta “diplomazia nucleare” per raggiungere accordi più favorevoli con gli Stati Uniti ed in sede ONU, soprattutto in merito all’aiuto economico di cui ha bisogno sia per il paese, dato che al momento la popolazione vive in condizioni di estrema povertà, sia per mantenere la sua stessa legittimità di leader. [7]

[1] “Confidential UN report: North Korea continuing nuclear, missile programs”, Deutsche Welle, 2018:

 https://www.dw.com/en/confidential-un-report-north-korea-continuing-nuclear-missile-programs/a-44951991

[2] J. S. Bermudez Jr., North Korea’s Development of a Nuclear Weapons Strategy, US-Korea Institute at SAIS, 2015

[3] Nuclear Threat Initiative, “North Korea”, 2017: http://www.nti.org/learn/countries/north-korea/nuclear/

[4] G. Lee, The Political Philosophy of Juche, Stanford Journal of East Asian Affairs Vol. 3 n° 1, 2003, pp. 105-107

[5] H S. Park, Military-First Politics (Songun): Understanding Kim Jong-il’s North Korea, Korean Economic Institute, Vol. 2, n° 7, 2007

[6] K. E. Gause, North Korean civil-military trends: military-first politics to a point, Strategic Studies Institute (SSI), 2006. Pp. 3-4

[7] C. Astarita, “Come potrebbe cambiare la Corea del Nord”, 2018: https://www.panorama.it/news/esteri/come-potrebbe-cambiare-la-corea-del-nord/

 

 

per scaricare il pdf: Le ambizioni nucleari della Corea del Nord