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ottobre 17, 2017

ACCORDO RUSSIA-ARABIA SAUDITA: I DETTAGLI E LE POSSIBILI CONSEGUENZE

di Gabriele Ferrara

 

Ottobre 2017 è un mese importante per la storia della politica internazionale, e non solo per quello che sta accadendo in Catalogna. Il 5 ottobre, infatti, è arrivato a Mosca il re Saudita Salman Abdul Aziz Al Saud, in quella che è stata la prima visita ufficiale di un sovrano saudita in Russia, dopo che il viaggio di Putin del 2007 non era stato contraccambiato. Tuttavia, all’epoca il re era Abdullah, morto nel 2015, mentre adesso al comando ci sono Salman e il figlio Mohammed bin Salman. L’attuale sovrano, 81 anni, da giovane è stato anche a capo di un movimento che raccoglieva fondi destinati ai mujaheddin afghani per combattere contro i sovietici. Oggi, però, è tutto diverso.

Salman è stato accompagnato da oltre mille persone e ha concluso un accordo riguardante energia, commercio, armi e tecnologia militare. Secondo alcuni esperti, il valore complessivo della vendita di armi dovrebbe essere intorno ai tre miliardi di dollari, mentre gli investimenti nell’energia avrebbero raggiunto il miliardo [1].

Proprio questo è un tema fondamentale dell’accordo, in quanto proprio il settore dell’energia è ritenuto cruciale dai vertici dell’Arabia Saudita, che, nell’ambito delle riforme espresse in “Vision 2030”, ha affermato di voler dipendere sempre meno dal petrolio, il cui prezzo è stato un altro degli oggetti principali della discussione tra i due capi di Stato, intenzionati a stabilizzare i mercati. “Il nostro Paese è pieno di risorse naturali – si spiega nel documento -, le nostre necessità energetiche non dipendono solamente dal petrolio. L’oro, il fosfato, l’uranio e molti altri minerali di valore si trovano sotto le nostre terre. […] Siamo determinati a rinforzare e a diversificare le potenzialità della nostra economia, rendendo i nostri punti di forza degli strumenti che permettano di avere un futuro completamente diverso. Perciò trasformeremo Aramco da una compagnia produttrice di petrolio in un’industriale globale. Trasformeremo il Public Investment Fund nel fondo di ricchezza più grande del mondo. Incoraggeremo le nostre società ad espandersi lungo i confini e a prendere il posto che meritano nel mercato mondiale. Continuando a dare al nostro esercito i migliori macchinari e la miglior attrezzatura possibili, abbiamo in mente di produrre la metà nel nostro fabbisogno militare all’interno del Regno per creare più opportunità di lavoro per i cittadini e mantenere più risorse all’interno del Paese[2]. Queste dichiarazioni programmatiche aiutano a capire perché l’Arabia Saudita ha firmato accordi preliminari per l’acquisto del sistema di difesa aereo S-400 e di tecnologie avanzate di produzione russa. A ciò bisogna aggiungere i missili anti-carro Kornet e lanciarazzi di ultimissima generazione. Sami (Saudi Arabian Military Industries) ha voluto precisare che questo accordo sarà fondamentale per la crescita e lo sviluppo del potenziale militare del Paese, con l’intesa che include anche il trasferimento di tecnologia per la produzione locale. In tal senso è importante ricordare anche che verranno prodotti in Arabia Saudita dei kalashnikov con le relative munizioni, creando così una propria industria di armamenti; i russi, inoltre, promuoveranno programmi di addestramento ed educazione all’interno del paese arabo, proprio per creare tanti posti di lavoro come espresso in “Vision 2030”.

Due anni fa c’era già stato un accordo estremamente significativo: nell’estate 2015, infatti, il Russian Direct Investment Fund (RDIF) e il Public Investment Fund (PIF) avevano annunciato un partenariato per rafforzare il commercio, l’economia, gli investimenti e la cooperazione tra i due paesi, concentrandosi su aree come l’agricoltura e le infrastrutture. Così, il PIF ha investito ben dieci miliardi in progetti russi che aveva ritenuto “attraenti” [3].
Putin e re Salman hanno anche discusso del conflitto siriano, nel quale Mosca è il principale alleato della stessa Siria, mentre Riad è più vicina alla fazione anti-Assad e ai jihadisti. Tutto questo arriva dopo che a maggio Donald Trump si era recato proprio in Arabia Saudita per firmare accordi importanti nello stesso settore, rinnovando un’alleanza che dura ormai dalla seconda guerra mondiale, quando Franklin Delano Roosevelt e il re Abd al-Aziz passarono insieme tre giorni nel febbraio 1945, ponendo le basi della loro storica partnership, nonostante le iniziali difficoltà per entrambi nell’esprimersi in modo da comprendersi vicendevolmente [4]. Il meeting tra Salman e Putin è stato analizzato da Adam Taylor, esperto del Washington Post, che ha scritto: “Con l’incertezza geopolitica di fondo, con la leadership mondiale americana rivelatasi questionabile, i prezzi del petrolio sono crollati e l’Arabia Saudita e la Russia hanno rivisto le loro relazioni poco calde per venirsi incontro[5].

Questo progressivo avvicinamento tra Russia e Arabia Saudita ha riguardato dunque anche la questione mediorientale, con la campagna miliare russa che sta inducendo i sauditi ad abbandonare l’idea di porre fine al governo di Assad, sempre più in crescita, e ad allinearsi alla posizione del Cremlino. In tal senso, è interessante quanto affermato da Mustafa Alani, responsabile del Gulf Research Center: “I sauditi ora hanno realizzato che i russi possono essere gli unici a poter risolvere il conflitto siriano. Non hanno problemi ad accettare l’idea che il regime rimanga[6]. L’Arabia Saudita vorrebbe unirsi alla Russia contro l’Iran, che però è un alleato di Mosca. Tutto questo è accaduto in seguito alla recentissima vittoria dell’esercito siriano, sostenuto da Hezbollah e dall’aviazione militare russa, che ha rotto l’assedio dello Stato Islamico sulla città di Deir al-Zur.
Il quadro diventa ancora più chiaro se si considera l’avanzata di Damasco contro i terroristi, con Assad che dunque sembra sempre più in una posizione di vantaggio irreversibile. Nel frattempo, in questi ultimi giorni i rapporti tra USA e Russia stanno diventando sempre più complicati a causa delle tensioni dovute anche alla ferrea volontà russa di non concedere agli States la provincia di Deir ez-Zor, nella quale si trovano grandi risorse di idrocarburi della valle dell’Eufrate, divenuta de facto la linea di demarcazione tra le due potenze mondiali [7].

A questo proposito, è utile riportare anche quanto detto da Marc Katz (George Mason University): “I sauditi riconoscono che Assad rimarrà al potere, ma ora sperano di mobilitare il sostegno russo per limitare l’influenza dell’Iran in Siria e altri luoghi. Si propongono prospettive nel settore del commercio e degli investimenti come stimolo motivante. Tuttavia, non è chiaro se Mosca sia sul serio in grado di limitare l’influenza dell’Iran in Siria e, se i sauditi decideranno che Mosca non può o non lo farà, commercio e investimenti non si concretizzeranno[8].

Tuttavia, occorre inquadrare la questione in un contesto più ampio. Recentemente, il regno saudita ha manifestato in modo evidente la propria volontà di cambiare alcuni aspetti non marginali della propria società, a partire dai sopra citati tentativi di diversificazione dell’economia per arrivare al permesso dato alle donne di guidare l’automobile. Anche per questo è essenziale capire come reagiranno gli Stati Uniti. Secondo alcuni, Riad si sta avvicinando sempre di più a Mosca a causa delle incertezze mostrate dagli USA in Medio Oriente, le stesse che di fatto hanno spianato la strada alla Russia per diventare la nuova potenza egemone in questa zona così importante del globo terrestre. È passato almeno un lustro da quando Putin ha deciso di non concentrarsi sull’integrazione nelle strutture europee, la cui crisi economica ne ha inficiato anche la domanda delle risorse russe. Anche per questo motivo negli ultimi anni la crescita economica, da sempre uno dei pilastri su cui l’ex capo del KGB ha fondato la propria longevità politica, sta attraversando delle difficoltà. Le conseguenze di tutto ciò sono state il rafforzamento delle altre colonne portanti del “putinismo”, ovvero la stabilità socio-politica della Federazione e un ruolo di primo ordine in politica internazionale, che si sta spostando sempre di più verso il Medio Oriente. Qui, a differenza degli Stati Uniti, probabilmente i russi utilizzerebbero meno strumenti di “soft power”, mettendo da parte gli attendismi e agendo con maggiore risolutezza. Prima, però, Putin avrà bisogno di chiarire i rapporti con l’Iran, la cui influenza è vista positivamente dai russi (un sondaggio effettuato dalla BBC nel 2013 ha segnalato un indice di gradimento pari all’86%) [9]. Inoltre, l’Iran è un paese a maggioranza sciita, che ha sviluppato buona parte della sua retorica politica contro stati a maggioranza sunnita, proprio come l’Arabia Saudita, componente che potrebbe complicare la manovra geopolitica della Russia, in buoni rapporti anche con Israele e Turchia e che dovrà capire come gestire al meglio questo nuovo “Medio Oriente multipolare”.

 

 

[1]http://www.asianews.it/notizie-it/Re-Salman-a-Mosca-firma-accordi-miliardari-in-tecnologia-militare-e-armi-41976.html

[2]http://vision2030.gov.sa/en/foreword

[3]https://rdif.ru/Eng_fullNews/1489/

[4]http://articles.latimes.com/1990-08-09/news/mn-388_1_king-saud

[5]https://www.washingtonpost.com/news/worldviews/wp/2017/10/04/why-washington-will-be-watching-a-saudi-kings-visit-to-moscow/?utm_term=.d775a2ea50ac

[6] https://www.bloomberg.com/news/articles/2017-09-08/even-the-saudis-are-turning-to-russia-as-assad-s-foes-lose-heart

[7]https://it.sputniknews.com/mondo/201710075115290-usa-russia-scontro-siria/

[8]https://it.sputniknews.com/mondo/201710055105188-washington-visita-re-arabia-saudita-relazioni-commerciali-mosca-capitale/

[9]https://www.globescan.com/images/images/pressreleases/bbc2013_country_ratings/2013_country_rating_poll_bbc_globescan.pdf

 

 

per scaricare il pdf: Accordo Russia-Arabia Saudita i dettagli e le possibili conseguenze