novembre 7, 2017
COMMENTO:
UNA CONDANNA A MORTE QUASI CERTA PER SAYFULLO SAIPOV, L’ATTENTANTORE DI NEW YORK
di Miriam Ferrara
L’autore dell’attentato di New York si chiama Sayfullo Habibullaevic Saipov, ha 29 anni ed è originario dell’Uzbekistan.
Il 30 ottobre 2017 Saipov ha ucciso otto persone e ne ha ferite gravemente dodici, scagliandosi su una pista ciclabile di Manhattan con un furgone bianco preso in noleggio urlando “Allahu Akhbar”. Nell’immediatezza dei fatti, dopo un primo tentativo di fuga, è stato catturato dalla polizia di New York, che ha fatto fuoco sull’uomo colpendolo alla pancia.
Fin da subito l’FBI ha iniziato ad indagare sull’uomo. Proveniente dall’Uzbekistan, era entrato negli Stati Uniti con una green card nel 2010, stabilendosi dapprima a Cincinnati, poi in Florida, a Tampa e successivamente a Paterson, New Jersey. Qui viveva con la moglie, uzbeka di 24 anni, e i loro tre figli. Lavorava come autista Uber.
Saipov ha impiegato un anno per preparare l’attentato, seguendo pedissequamente i video online postati dall’Isis. Difatti sono stati trovati scritti inneggianti l’Isis anche dentro il furgone usato per l’attentato.
Dopo essere stato catturato, è stato portato in ospedale, superando con successo l’intervento chirurgico. Al suo risveglio ha chiesto agli investigatori di poter appendere una bandiera dell’Isis accanto al suo letto, dichiarando di essere soddisfatto per quanto fatto e che anzi, se il furgoncino non si fosse schiantato contro la scuola, avrebbe continuato ad uccidere ancora.
L’Isis ha rivendicato l’attacco terroristico compiuto, definendo l’uomo “un soldato del califfato”.
Sia la polizia di New York che quella federale hanno accusato Saipov di terrorismo. Il giorno successivo, il Presidente Donald Trump ha richiesto, attraverso varie piattaforme di social media, che venga applicata la pena di morte.
Viene subito da chiedersi se un presidente possa suggerire l’applicazione di una determinata pena prima che le indagini e il processo siano chiusi, soprattutto in un sistema giudiziario in cui il verdetto viene emanato da una giuria di pari, per ciò solo influenzabili?
Come è noto, negli Stati Uniti d’America la pena capitale è prevista in 37 Stati su 50, oltre che dal governo federale. Più dell’80% delle esecuzioni avvengono oggi tramite iniezione letale, ma vi sono Stati che formalmente prevedono anche l’impiccagione[1], la sedia elettrica[2] , il gas[3] e la fucilazione[4].
Ogni Stato ha le proprie leggi e, conseguentemente, le ipotesi di reato per le quali la pena di morte risulta applicabile non sono uguali in tutto il Paese.
La legge federale, oltre all‘act of terrorism[5], prevede la pena capitale per numerosi reati gravi[6]; tra questi vi rientra anche l’omicidio di primo grado[7], che probabilmente sarà uno dei capi di accusa per Saipov.
Nel sistema statunitense questo rappresenta la forma più grave di omicidio, connotata da tre caratteristiche: willfulness, deliberation e premeditation. Nell’ordinamento giuridico italiano si potrebbe considerare come un omicidio con l’aggravante della premeditazione, applicabile nel caso in cui la morte di un uomo è prevista e voluta prima del compimento dell’atto, in assenza di uno stato d’ira o concitazione.
Oltre tale ipotesi, bisognerà aspettare la formulazione del capo di accusa per esaminare nel dettaglio gli addebiti che saranno realmente contestati a Sayfullo Saipov, ma la pena di morte è quasi certa.
Difatti non è la prima volta che questa viene applicata ad un terrorista a seguito di una strage.
Sicuramente tutti ricorderanno il caso di Dzhokhar Tsarnaev, meglio conosciuto come l’attentatore di Boston[8]. Il 15 aprile 2013, il ventunenne ceceno piazzò due bombe nel tragitto della maratona di Boston insieme a suo fratello, rimasto ucciso nell’attentato, causando la morte di tre persone e lesioni gravi a più di 260 individui.
Il 24 giugno 2015 Tsarnaev è stato condannato alla pena di morte per iniezione letale, dopo che era stato ritenuto responsabile di più di trenta capi d’accusa, diciassette dei quali puniti con la pena capitale.
Successivamente nel 2016 il leader di Al-Qaeda, Ayman al-Zawahiri, diffuse su internet un video nel quale minacciava il governo americano affermando che, se Tsarnaev o altri mussulmani fossero stati condannati a morte, si sarebbe dovuto aspettare conseguenze gravi[9].
In ogni caso è opportuno sottolineare che il governo federale non esegue una condanna a morte da più di dieci anni, per cui si ritiene che anche la vita di Tsarnev non si spegnerà presto nonostante la sentenza definitiva, anche in considerazione delle modifiche eseguite dalla presidenza Obama in materia di esecuzioni.
Al di là delle considerazioni etiche e sociali che la pena di morte suscita, soprattutto nei Paesi Europei, tali fatti dovrebbero interrogare tutti in ordine alla finalità della pena. Se è pur vero che in molti Paesi spesso la finalità sanzionatoria si sovrappone a quella retributiva, è anche corretto considerare la possibilità o meno di una finalità rieducativa. In altre parole, laddove la finalità rieducativa sembra impossibile, considerati anche tutti i casi falliti dei programmi di de-radicalizzazione, l’unica alternativa finalistica è quella sanzionatoria (o meglio vendicativa)?
Una volta che il sistema giudiziario e penitenziario ammettono la sconfitta, non essendo in grado di (o non volendo) prevedere percorsi efficaci tesi alla risocializzazione del soggetto, resta solo la legge del taglione?
Ognuno deve trarre le proprie conclusioni.
N.B.: Al fine di stimolare un pensiero critico in materia di pena di morte applicata ai reati di terrorismo si suggeriscono le seguenti letture:
– Donohue, Laura K., “Bias, National Security and Military Tribunals” (reaction essay) 3 Criminology and Public Policy 339 (2002).
– Ostrom, Brian J., et at. “The Prosecution and Punishment of Intentional Terrorists in Federal Courts: 1980-1998” 3 Criminology and Public Policy 311 (2002).
– Turk, Austin T., “Confronting Enemies Foreign and Domestic: An American Dilemma?” (reaction essay) 3 Criminology and Public Policy 345 (2002).
– Symposium, “Capital Punishment in the Age of Terrorism” 41 The Catholic Lawyer 187 (2001).
– Erling Johannes Husabø and Ingvild Bruce, Fighting Terrorism through Multilevel Criminal Legislation: Security Council Resolution 1373, the EU Framework Decision on Combating Terrorism and their Implementation in Nordic, Dutch and German Criminal Law, Martinus Nijhoff Publishers, Leiden-Boston (2009).
– John Horgan and Mary Beth Altier, The Future of Terrorist De-Radicalization Programs in Georgetown Journal of International Affairs, Vol. 13, No. 2 2012, pp. 83-90.
[1] Delaware, New Hampshire e Washington
[2] Alabama, Arkansas, Florida, Kentucky, Oklahoma, South Carolina, Tennessee, e Virginia
[3] Arizona, Missouri, e Wyoming
[4] Oklahoma e Utah
[5] U.S. Federal Emergency Management Agency (FEMA) definisce l’atto terroristico come: Terrorism is the use of force or violence against persons or property in violation of the criminal laws of the United States for purposes of intimidation, coercion, or ransom. Terrorists often use threats to:
- Create fear among the public;
- Try to convince citizens that their government is powerless to prevent terrorism;
- Get immediate publicity for their causes.
[6] https://deathpenaltyinfo.org/federal-laws-providing-death-penalty
[7] 18 U.S. Code § 1111: https://www.law.cornell.edu/uscode/text/18/1111
[8] La sentenza: https://deathpenaltyinfo.org/documents/TsarnaevVerdictForm.pdf
Richiesta di pena di morte: https://deathpenaltyinfo.org/documents/NoticeOfIntentBoston.pdf
[9] https://www.theguardian.com/world/2016/jul/01/al-qaida-boston-marathon-bomber-tsarnaev-execution
per scaricare il pdf: commento