21/05/2018
GLI USA RECEDONO DALL’ACCORDO NUCLEARE CON L’IRAN: IL FUTURO E LE IMPLICAZIONI
di Gabriele Ferrara
Lo scorso 8 maggio Donald Trump ha deciso di sospendere l’accordo nucleare con l’Iran, che tre anni fa era stato sottoscritto da Unione Europea, Stati Uniti, Russia, Cina, Germania, Francia e Regno Unito, oltre che con lo stesso stato mediorientale. Con questa scelta, appoggiata solamente da Arabia Saudita e Israele, il tycoon ha preso una delle decisioni geopolitiche più importanti e dirimenti degli ultimi mesi. Secondo l’inquilino della Casa Bianca, “Teheran finanza il terrorismo. L’accordo deve essere rinegoziato . Il regime iraniano potrebbe portarci sull’orlo di una guerra nucleare” [1]. Trump ha poi accusato il regime iraniano di essere il primo sostenitore del terrorismo, affermando che “sostiene Hezbollah, Hamas, Al Qaeda e i talebani”. Per queste ragioni verranno reintrodotte le sanzioni verso l’Iran (“saranno il più pesanti possibile”, ha detto Trump) e nei confronti di tutti i Paesi con cui è in affari, in particolare per quanto riguarda i settori energetici, finanziari petroliferi.
In segno di protesta, i parlamentari iraniani hanno bruciato la bandiera a stelle e strisce. Ali Larijani, presidente del parlamento, ha sostenuto che Trump non ha le capacità mentali per svolgere al meglio il suo lavoro.
Ma Teheran non è stata l’unica a reagire prontamente. Subito dopo, infatti, ci sono stati due raid di Israele a sud di Damasco, violando lo spazio aereo siriano e mietendo nove vittime. Tra gli alleati storici dell’Iran, invece, la Russia ha manifestato il proprio disappunto tramite Sergej Lavrov, ministro degli esteri. L’ONU, da parte sua, ha mostrato preoccupazione tramite il segretario generale Antonio Guterres. Chi è rimasto ancora più deluso è stata l’Unione Europea, grande protagonista degli accordi conclusi nel luglio 2015 oggetto del contendere e frutto di ben 21 mesi di trattative. I punti principali del documento prevedevano una riduzione del 98% dei chili di uranio immagazzinati da Teheran e una diminuzione del numero di centrifughe – da 19.000 a circa 5.000, di cui oltre mille finalizzate alla produzione di isotopi per uso medico. Inoltre gli ispettori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) hanno avuto accesso 24 ore su 24, sette giorni su sette, ai siti nucleari e militari dell’Iran. Dal 2016, infine, erano state rimosse le sanzioni, consentendo così alla Repubblica Islamica di tornare protagonista sul mercato internazionale del petrolio[2].
Tutto questo era stato visto come un traguardo importante raggiunto dai leader europei e Obama, che infatti hanno prontamente stigmatizzato la decisione statunitense. Quest’ultima è stata giustificata da Trump: “Il governo iraniano ha mentito. Teheran continua «la ricerca di armi atomiche» e, anzi, «la sua minaccia militare è cresciuta del 40%. L’accordo firmato nel 2015 dalla precedente amministrazione non ha mai portato alla pace e mai vi porterà” [3].
Bruxelles ha chiesto all’Iran di mantenere l’accordo, con il presidente Hassan Rouhani che si è dimostrato intenzionato ad agire in tal senso. Peraltro, le sanzioni interesseranno diverse compagnie europee. Per ovviare a questo problema, l’Unione Europea tenterà di sostenerle dal punto di vista economico, come ha detto alla Reuters Bruno Le Maire, ministro dell’economia francese. Questi ha ricordato quanto accaduto già nel 1996, quando gli States cercarono di penalizzare le imprese straniere in affari con Cuba, forzando Washington a fare un passo indietro minacciando misure ritorsive. Davanti ai microfoni di Europe 1 e C News TV, Le Maire è stato molto chiaro: “Consentiremo agli Stati Uniti di essere il poliziotto economico del mondo? La risposta è no” [4]. Come ha detto Le Maire, adesso diventa fondamentale che tutti gli stati membri si impegnino in questo senso, ma per farlo è necessario che ognuno mantenga i suoi impegni europei sotto il profilo finanziario. In questo quadro diventa problematica la posizione dell’Italia, che sta vedendo l’alba di un governo con forti tendenze antieuropeiste e poco incline ad “abbassare la testa di fronte agli eurocrati”, come hanno ribadito i leader di Lega e Movimento 5 Stelle. Da questo punto di vista è stato esemplificativo un tweet di Matteo Salvini dello scorso 20 maggio: “Un ministro francese “avverte” il futuro governo: non cambiate niente, o saranno problemi. Altra inaccettabile invasione di campo. Non ho chiesto voti e fiducia per continuare sulla via della povertà, della precarietà e dell’immigrazione: prima gli italiani!”. La preoccupazione del ministro Le Maire deriva soprattutto dalle misure espansive previste dal contratto di governo firmato dai due partiti italiani. Secondo le stime dell’osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica di Milani, infatti, tutte le promesse del probabile governo giallo-verde costerebbero oltre 100 miliardi di euro (tra i 108,7 e i 125,7), mentre le coperture ammonterebbero solamente a 500 milioni [5].
A questo occorre aggiungere il possibile nuovo ruolo che potrebbe assumere la Russia in questa situazione (in procinto di migliorare i propri rapporti economici proprio con il Belpaese). Il Cremlino appare sempre più pronto a offrirsi come interlocutore dei paesi dell’Unione Europea. È stato interessante l’incontro tra Angela Merkel e Vladimir Putin, tenutosi a Sochi lo scorso 18 maggio. Entrambi si sono mostrati risoluti nel condannare la decisione di Trump, facendo intendere un netto miglioramento e una normalizzazione dei loro rapporti, peraltro già buoni sotto il profilo commerciale nonostante le varie sanzioni. Secondo il tabloid tedesco Bild, “Putin difficilmente può sentirsi più appagato di così. Il capo dello stato russo ha mostrato alla Merkel che in patria non è solo il proprietario della residenza presidenziale estiva, ma anche dell’arena politica mondiale” [6].
Tuttavia, non mancano i punti di attrito tra la Russia e l’Occidente, soprattutto in merito a quanto accaduto in Crimea e in Siria. Per quanto riguarda il territorio situato all’interno dell’Ucraina, solo pochi giorni fa è stato inaugurato un ponte che collega la terraferma russa con la Crimea, fatto non troppo gradito dai leader europei, che allo stesso tempo non gradiscono gli stretti rapporti tra il capo del Cremlino e Bashar al-Assad. Ciò nonostante, con i prezzi degli idrocarburi in rialzo e la politica estera di Trump sempre meno condivisa da Bruxelles e non solo, Putin, interlocutore privilegiato dell’Iran, sembra pronto a sfruttare la congiuntura internazionale nel miglior modo possibile.
[1] http://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/usa-trump-sospende-l-accordo-sul-nucleare-con-l-iran-teheran-finanzia-il-terrorismo-_3138793-201802a.shtml
[2] www.repubblica.it/esteri/2015/07/14/news/iran_nucleare_punti_accordo-119069837/
[3] https://www.corriere.it/esteri/18_maggio_08/iran-trump-chiama-macron-usa-usciranno-dall-accordo-nucleare-1d018f80-52d6-11e8-b644-be5bfaf16efb.shtml
[4] https://uk.reuters.com/article/uk-iran-nuclear-france/eu-could-compensate-firms-hit-by-u-s-sanctions-over-iran-french-minister-idUKKCN1IL09P
[5] http://osservatoriocpi.unicatt.it/cpi-elezioni-2018-commenti-ai-programmi-di-finanza-pubblica
[6] https://it.sputniknews.com/politica/201805206027755-Merkel-Russia-diplomazia-Sochi-geopolitica/
per scaricare il pdf: Gli USA recedono dall’accordo con l’Iran