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26/06/2018

 

LUPI SOLITARI: LE NUOVE FIGURE DEL TERRORISMO GLOBALE

di Silvia Malafarina

 

Entrambe espressione di maggior rilievo all’interno del panorama jihadista, l’organizzazione terroristica di Al – Qa ‘ida e quella dell’autoproclamato ‘Stato Islamico’, presentano alcuni elementi in comune ma anche divergenti. Da una parte, infatti, è proprio di entrambe le organizzazioni fondamentaliste far uso del jihad armato per pervenire al loro fine ultimo, ovvero, la restaurazione di un ‘califfato’ senza confini, che richiami combattenti da tutto il mondo. Ma se per Al – Qa ‘ida la restaurazione del califfato rappresenta la fase finale di un lungo percorso, che non si esaurisce però nella dimensione della lotta armata, e il cui caposaldo ideologico è quello di coinvolgere la comunità di fedeli attraverso attività di predicazione senza porsi come autorità assoluta nei loro confronti, per Da‘ish la restaurazione dello ‘Stato islamico’ diventa lo strumento atto a favorire la propria espansione all’interno del mondo islamico, affermandosi come autorità legittima. Di conseguenza, dal punto di vista operativo, sebbene entrambe le organizzazioni facciano uso di una ‘strategia del terrore’, con l’intento di immobilizzare il nemico e spingerlo a seguire le volontà e decisioni del movimento, secondo il modus operandi di Al – Qa ‘ida il fine non è l’attentato in sé ma il messaggio ad esso connesso. Il suo obiettivo, infatti, è stato quello di colpire i simboli della potenza americana, e i suoi alleati. Per Isi, invece, essa diventa un efficace strumento per dar vita ad una guerra prima di tutto ‘psicologica’ e globale. Assistiamo dunque ad un cambiamento che coinvolge anche la struttura e la natura stessa delle organizzazioni terroristiche ad oggi. La rete di Al- Qa ‘ida, infatti, era fondata su una struttura unica, centralizzata e ramificata in diversi nuclei ad essa collegati. Composta da un vertice decisionale e direttivo, a cui i ‘clusters’ ad esso collegati facevano riferimento. La rete terroristica organizzava, pianificava e finanziava gli attacchi terroristici, rivolti ad obiettivi selezionati. Si potrebbe parlare di un ‘network di collegamento’ tra le diverse cellule. Al contrario, i gruppi legati a Isi sono caratterizzati da un ‘decentramento funzionale’, con disgregazione funzionale e sviluppo ‘bottom up’. Ed è qui che si inseriscono le nuove figure appartenenti al panorama jihadista, militanti dell’Isi, rappresentati da individui che si radicalizzano autonomamente e agiscono individualmente: ‘i lupi solitari’. Essi appartengono a quella che viene definita con il termine di ‘inspire generation’, una particolare tipologia di militanti che non appartengono al circuito delle moschee o a circuiti associativi, che sono dunque privi di legami con i network jihadisti organizzati, e che si autoradicalizzano attraverso l’accesso in Rete. Quello adottato da Isi è infatti un ‘terrorismo open source’ che per mezzo dei social web ha come finalità quella di reclut La Rete offre il duplice vantaggio di limitare le difficoltà legate alla distanza fisica tra gli individui e quelle relative alla sorveglianza dei luoghi di aggregazione. Il Web permette di ricreare in uno spazio virtuale la umma deterritorializzata, in cui gli individui per lo più isolati socialmente o che vivono legami sociali deboli, ritrovano un senso di appartenenza. Per quanto concerne queste figure, nonostante non sia possibile tracciare un profilo unico capace di dar conto delle differenze di ceto, cultura, origine ed estrazione sociale, è la seconda generazione di immigrati europei a costituirne la parte più consistente. Ma non mancano i giovani musulmani che vivono in Occidente o i giovani europei che aderiscono alla jihad. L’islam radicale viene visto dai giovani combattenti come un punto di riferimento all’interno di una realtà a loro estranea, ostile, priva di valori, deistituzionalizzata. Per cui, Isi ponendosi come entità statale permette ai giovani combattenti di ricostruire quell’identità andata perduta, grazie ad una nuova identità religiosa radicale in cui riconoscersi. Quello della autoradicalizzazione è un processo che avviene in solitaria, dapprima navigando nei diversi siti jihadisti e poi facendo uso di social network frequentati dai militanti dell’ islam, per lo scambio di opinioni o il reclutamento vero e proprio. Sono dunque individui particolarmente difficili da identificare, in quanto si muovono al di fuori delle reti terroristiche ed entrano in azione all’improvviso, rappresentando una minaccia spontanea e non strutturata. La mancanza o il numero ridotto di contatti con strutture conosciute per le loro posizioni estremiste o con jihadisti ‘attenzionati’, li ha resi quasi invisibili ai servizi di intelligence. Essi, infatti, si presentano come i protagonisti indiscussi di una nuova forma di terrorismo, il così detto ‘terrorismo homegrown’ spontaneo, globale e senza leader. Assistiamo al passaggio, da quelle che erano organizzazioni clandestine strutturate, quali quelle qaidiste, a gruppi o singoli soggetti che agiscono autonomamente. Gli individui o gruppi che nascono spontaneamente non sono connessi tra di loro se non ideologicamente, come risposta al messaggio di Al-Qa‘ida e si radicalizzano autonomamente. Per agire non necessitano di una dipendenza gerarchica o connessioni con organizzazioni strutturate. Una volta entrati in azione si richiamano all’ Isi, ma sono autonomi nella selezione degli obiettivi costituiti da target non definiti, pianificando autonomamente l’attacco. Ma qual è il ruolo dei lupi solitari all’interno del panorama jihadista e in cosa consiste quell’elemento di forza su cui fanno leva e che al giorno d’oggi li rende, a causa dei loro attacchi, attori estremamente pericolosi e temuti non solo in Europa ma anche in tutto il resto del mondo? Il termine ‘lupo solitario’ viene generalmente impiegato per designare una serie di attori che praticano forme individuali di lotta armata. Il grado di diversità di tali soggetti e delle relazioni da loro intessute con attori terzi è molto elevato. Per questo motivo è difficile delineare un profilo universalmente riconosciuto. Si tratta dunque di soggetti che compiono attacchi di matrice terroristica operando individualmente, senza appartenere ad alcun gruppo o network estremista, senza che il modus operandi sia diretto o pianificato tramite strutture gerarchiche. Gli attacchi dei lupi solitari sono ogni anno sempre più frequenti e la loro pericolosità deriva dalla difficoltà nell’identificare e contrastare i soggetti. I ‘lone wolves’ radicalizzati autonomamente, infatti, non hanno legami diretti con i soggetti delle organizzazioni e si tratterebbe di individui che presentano degli aspetti comuni quali l’isolamento, frustrazione, uso di mezzi rudimentali privi di fondamento militare. Non essendo membri di organizzazioni terroristiche, raramente hanno un background militare o conoscenze strategiche. Per questo motivo, le loro non sono mai operazioni su larga scala, ma gli attacchi ‘fai da te’ che progettano autonomamente, sono concentrati in luoghi comuni, trafficati. Attuano tecniche casuali e miste, preferendo l’utilizzo di bombe, ma anche di coltelli, pistole o forme più semplici di armi che si procurano da soli. Non mancano gli attentati suicidi, la tecnica delle azioni kamikaze, non solo estremamente efficace dal punto di vista operativo, ma anche dal forte impatto immediato. Dal punto di vista militare, infatti, questa pratica suicida ha uno scarso costo, e soprattutto è difficile da individuare e contrastare, causando danni elevatissimi. Lo scopo è quello di aumentare la percezione di insicurezza che attanaglia il nemico stesso. Si ha a che fare con soggetti che non sono identificabili, disposti a sacrificare la propria vita e quella di vittime innocenti, per raggiungere il loro obiettivo. Isi cerca dunque di sfruttare il fattore dell’ imprevedibilità; elemento vincente della jihad islamica. L’attivazione dei lupi solitari è infatti imprevedibile, non rispondono a nessuna ritualità, sono improvvisi e letali. L’intento è quello di colpire in qualsiasi momento contro qualunque bersaglio, massimizzando il numero delle vittime e provocando così un effetto mediatico di immediata diffusione del terrore. La rapida crescita dei ‘lone wolves’ mette dunque in evidenza i punti critici delle strutture di sicurezza occidentali, non abituate a far fronte a questi tipi di attacchi estremamente imprevedibili. Per tutta questa serie di aspetti, il ‘lone wolf’ è considerata l’arma più pericolosa del pianeta; di difficile individuazione, capace di colpire bersagli altamente sensibili o poco protetti, ma in grado di generare un enorme impatto emotivo. Come far fronte dunque a questa guerra ‘asimmetrica’, ad una ‘guerra di quarta generazione’ i cui combattenti non sono forza armate regolari e organizzate ma gruppi difficilmente identificabili, entità che non rispondono ad un’autorità centrale, attraverso una strategia del terrore che vede il diretto coinvolgimento di civili? Importante è svolgere un’azione preventiva. Il fenomeno stesso della radicalizzazione, è un processo che coinvolge gradualmente gli individui o che comunque necessita di un contatto, diretto o indiretto da parte di questi, con i membri delle organizzazioni terroristiche o materiale da essi diffuso in Rete. Il social network rende l’attentatore molto meno solitario di quanto si possa credere. Si tratta di una conversione o reclutamento che inizialmente avviene in maniera quasi ‘pubblica’ aperta, non subordinato ad alcun processo di selezione. La fase di ‘isolamento’ vero e proprio viene adottata dal gruppo o dal singolo individuo solo nel momento in cui decide di passare all’azione. Il processo di reclutamento avviene dunque dal basso verso l’alto. Sono gli individui a chiedere di entrare nei gruppi organizzati e a contattare i reclutatori attraverso condizioni atte a favorirlo. I futuri ‘lone wolves’ svolgono la loro azione preparatoria all’interno di un contesto sociale riconoscibile, e sono assiduamente coinvolti in attività che possono essere rintracciate, seguite e osservate sul nascere, all’interno dei loro gruppi di pressione. Nessuno è in realtà un vero e proprio terrorista solitario, tutti hanno infatti ricevuto almeno una breve formazione o contatti saltuari. Gli attentati di Nizza, Berlino e Manchester sono stati perpetrati da individui radicalizzati in breve tempo, che hanno avuto una formazione condotta perlopiù in Rete e che hanno avuto contatti solamente con la parte più lontana della Rete jihadista. Questo può essere considerato come uno di quegli elementi di ‘debolezza’ che vanno a caratterizzare il terrorismo ‘homegrown’, per cui si potrebbe parlare di ‘Lone Wolves Pack’, branchi di lupi. Ovvero, una nuova forma di organizzazione del terrorismo islamico, che vede i lupi solitari operare in ‘branchi’ più ampi all’interno di realtà più strutturate, in un contesto in cui schematismi e rigide classificazioni sono comunque pressochè impossibili. Dunque, importante è prendere atto e analizzare le conseguenze impattanti che derivano dagli attacchi dei lupi solitari. Infatti, le probabilità di questi eventi non sono calcolabili con esattezza, in quanto imprevedibili. E’ più facile calcolare l’effetto provocato da questi eventi e valutare le circostanze create dal loro verificarsi, diminuendo così la vulnerabilità alla loro esposizione, adottando una strategia atta ad affrontarli. Sappiamo infatti che l’obiettivo dei lupi solitari è quello di generare ‘paura’ in virtù della loro imprevedibilità ed efferatezza, per minare così la coesione sociale e comunitaria. Ebbene, è necessario evitare di alimentare questa paura, non istituzionalizzandola né usandola come strumento per il controllo sociale o di legittimazione della libertà politica. In quanto questo può di fatto avere anche risvolti negativi sull’equilibrato rapporto tra libertà e sicurezza, a scapito della prima. Dunque, cruciale nell’affrontare la minaccia terroristica è la lotta sul campo, grazie alla sinergia delle forze politiche e di intelligence a livello internazionale; accanto alla quale non possono mancare però investimenti sociali, inclusione sociale e integrazione, espressione di un dialogo interculturale.

 

 

per scaricare il pdf: Lupi solitari