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novembre 3, 2017 

LA MINACCIA DAL CIELO: I DRONI DELLO STATO ISLAMICO

di Enrico Colarossi

 

Lo Stato Islamico nasce dall’evoluzione di un gruppo armato operante nell’ambito di una più ampia organizzazione terroristica di matrice fondamentalista islamica, all’epoca guidato da Abu Mussab al-Zarqawi e noto col nome di Jama’at al-Tawhid al-Jihad (جماعة التوحيد والجهاد), la cui fusione con al-Qa’ida in Iraq dava vita allo Stato Islamico in Iraq noto con la sigla ISI.

Successive fusioni e accordi di natura ideologico-operativo con Jabhat al-Nusra (جبهة النصرة‎) l’organizzazione assume la denominazione di Stato Islamico in Iraq e del Levante (ISIL o ISIS), da cui l’acronimo di Da’esh da sempre vietato e disprezzato dal Califfo Abu Bakr al-Baghdadi.

Il 29 giugno del 2014, il primo giorno del mese sacro di Ramadan dell’anno musulmano 1435, Abu Bakr al-Baghdadi salito sul minbar della moschea al-Nuri di Mosul avvia una lunga predica ricca di citazioni di ideologia sunnita e principi salafiti-takfiri, e al termine della stessa si proclama “Il Califfo di tutti i musulmani” e “Il principe dei fedeli”, ed emulando il Profeta Maometto dichiara alla comunità: “Il Califfato è stato fondato”.

Nasce così lo Stato Islamico, al-Dawla al-Islamiyya (الدولة الإسلامية‎) con province amministrate nei territori di Iraq e Siria, nonché, di “colonie” distanti come Libia o altre regioni africane.

Abu Bakr al-Baghdadi alla guida di un esercito sempre più numeroso e meglio equipaggiato, ha continuato a seguire i propositi ideologici ed operativi del defunto al-Zarqawi, attaccando quindi la Coalizione internazionale presente nella dar al-Islam e la fazione sciita. Nel 2015, anno di massima estensione e potere, lo Stato Islamico contava circa 10 milioni di abitanti con un’estensione territoriale di circa 250.000 kmq risultati, questi, di attente campagne militari e aspri combattimenti condotte da miliziani fortemente motivati; tra i jihadisti arruolati tra le file del Califfato circa 3.000 occidentali provenienti da diversi paesi del mondo, la maggior parte europei. Le milizie sono equipaggiate con armi e armamenti convenzionali, nonché, in grado di utilizzare moderne e sofisticate strategie di attacco utilizzando spesso anche “mezzi” innovativi; infatti, si è stati testimoni di un impiego massiccio di aeromobili a pilotaggio remoto (UAV), i cosiddetti droni.

Vere e proprie brigate aeree come la famigerata “al-Bara’ bin Halak”, responsabile di missioni di ricognizione e di “bombardamento”, che sono state duramente colpite da operazioni militari in chiave anti-Stato Islamico da parte della coalizione internazionale e truppe regolari.

A seguito di dette operazioni sono stati rinvenuti e sequestrati dettagliati report di missioni aeree, da quelle di addestramento al pilotaggio dei droni, a quelle di spionaggio per l’individuazione e localizzazione delle truppe avversarie.

Si sono registrati veri e propri bombardamenti a danno delle truppe e unità della coalizione anti-SI, colpite da precisi attacchi esplosivi.

Nei report sequestrati venivano riportati tutti i dettagli operativi della missione, e come quello di fianco proposto fa riferimento ad un volo  di “spionaggio” compiuto il 22 febbraio del 2015; vengono specificate le coordinate e le altitudini operative di ben 8 obiettivi con un equipaggio composto da tre miliziani attivi nel governatorato di Ninawa. Compito dell’equipaggio era quello di lanciare un drone dalla località montana di Bashiqa – distretto di Mosul nel nord dell’Iraq – per il successivo raggiungimento dell’obiettivo distante circa 8 chilometri.

Il velivolo impiegato era uno “Sky Hunter” ad alimentazione elettrica, il quale ha effettuato un volo di circa 21 chilometri in circa 30 minuti.

A seguito della missione di spionaggio sono state catturate immagini di notevole interesse operativo, come ad esempio la localizzazione di un tank delle truppe militare irachene.

Diversi esemplari del citato UAV “Sky Hunter” sono stati sequestrati, modello FPV ad ala fissa, pronti per il loro assemblaggio e successivo utilizzo.

Sono stati rinvenuti, inoltre, anche UAV di produzione tedesca come i Bormatec modello “Vamp” ad alimentazione elettrica il cui peso si aggira intorno ai 2 chilogrammi e capaci di trasportare carichi di un chilogrammo.

Tra i droni prediletti dalle brigate aeree dello Stato Islamico vi è il modello X8 “Skywalker”, aeromobile ad ala fissa di fattura statunitense e dai prezzi contenuti, infatti, è acquistabile ad un prezzo di 160 $ anche on-line. Ritratto in diversi video propagandistici del Califfato, il drone può contare su una autonomia operativa di 3 ore ed una gittata di circa 10 km, caratteristiche garantite da un propulsore ad alimentazione elettrica i cui tempi di ricarica sono relativamente bassi, ovvero, 3 ore.

Un drone dedicato a missioni di “bombardamento” è stato abbattuto dalle truppe governative irachene il 23 febbraio 2017 nei pressi di Mosul. Si tratta di un quadricoptero modificato e reso capace di trasportare granate da fanteria opportunamente modificate o tubi in PVC al cui interno è stato compresso del materiale esplosivo.

La granata esplosiva improvvisata, ovvero, il citato tubo di PVC veniva sganciato grazie ad un comando a distanza, nonché, la gittata del carico esplosivo era reso preciso e stabilizzato grazie a piume di palline da volano applicate all’estremità.

Congegni ed accessori realizzati anche con l’ausilio di stampanti 3D.

Il drone in questione era un DJI “Matrice 100” capace di trasportare un carico di un chilogrammo senza alcuna difficoltà e con un’autonomia variabile tra i 30 e i 40 minuti.

La comunità internazionale di Intelligence teme che simili attacchi possano essere compiuti anche sul suolo europeo o di altri paesi occidentali della Coalizione anti-SI con l’utilizzo di droni opportunatamente modificati ed equipaggiati.

A tal proposito, infatti, sono in fase di studio diverse applicazioni tecnologiche, o in corso di perfezionamento tecniche già in uso per difendersi da eventuali attacchi compiuti con gli UAV.

Il mercato dei droni a livello globale cresce in modo vertiginoso quotidianamente, e vede tali strumenti sempre più utilizzati sia in settori civili, commerciali, della sicurezza e militari, grazie anche ai loro prezzi sempre più modesti rendendoli accessibili ad una platea sempre maggiore. Il loro utilizzo, talvolta, oltre a ledere il diritto alla privacy di comuni cittadini spiati dalle “videocamere volanti”, rappresenta un vero e proprio problema di sicurezza.

Oggi la minaccia terroristica che incombe sui cieli dell’Europa e occidentali è sempre maggiore, basti pensare all’atterraggio di un drone del tipo Phantom 3 sul prato della Casa Bianca, o a quello che ha raggiunto il tetto della sede del primo ministro a Tokyo che trasportava materiale innocuo ed ivi depositato a scopo dimostrativo per criticare l’operato del governo nipponico in merito agli incidenti della centrale nucleare di Fukushima.

Droni vengono utilizzati anche per la consegna di merce di contrabbando, tra cui sostanze stupefacenti, come avvenuto all’interno di un carcere nella contea britannica di Bedfordshire.

Tra gli altri “incidenti” va annoverato quello avvenuto in occasione di un comizio politico a Dresda, dove la cancelliere tedesca Angela Merkel ha avuto un incontro ravvicinato – pochi centimetri dal palco – con un piccolo drone utilizzato per scattare fotografie da parte di una locale testata giornalistica.

E’ recente l’allarme emanato dagli apparati di sicurezza e dalle Forze di Polizia italiane su un probabile uso di droni per eseguire attacchi esplosivi in occasione di eventi pubblici; infatti, fonti fortemente attendibili hanno evidenziato come jihadisti, in risposta all’appello di attacchi contro gli infedeli, possano costruire droni con l’ausilio di stampanti 3D e l’assemblaggio di materiali vari, nonché, con la modifica di UAV commerciali e portare a termine missioni letali.

Avvisi di pericolo che già l’EUROPOL, con la pubblicazione del periodico rapporto sul terrorismo, sottolinea la preoccupazione che attacchi simili a quelli già in atto in Iraq e Siria possano verificarsi sul territorio europeo.

Lo Stato Islamico in scritti propagandistici del 2016 e poi diffusi su piattaforme web, ha invitato i suoi adepti a compire attacchi letali per mezzo di droni e materiale di natura chimica, radiologica o biologica.

Anche gli Stati Uniti condividono tale preoccupazione, tant’è, il direttore dell’FBI – Cristopher Wray – ha comunicato formalmente al Congresso che gruppi terroristici vicini all’ideologia jihadista perseguita da militanti dello Stato Islamico siano realmente intenzionati all’uso di droni per attaccare il suolo degli States.

Contestualmente il direttore dell’FBI ha rassicurato i membri del Senato dichiarando, che i droni sono mezzi facili da monitorare e gestire, e che diverse strategie di contrasto sono già operative o in fase di potenziamento, anche in collaborazione con le altre agenzie antiterrorismo.

Di particolare interesse uno studio condotto da analisti del servizio di Intelligence israeliano e ufficiali dell’IDF, che hanno simulato un attentato condotto con l’impiego di droni ai danni del Vaticano, considerato obiettivo di “grande valore simbolico” della fede cristiana.

Il gruppo di lavoro ha presentato la simulazione in occasione del 18° World Summit sul controterrorismo organizzato dall’ICT, ponendo particolare attenzione sull’eventuale intenzione dello Stato Islamico di far rientrare diversi dei 1.250 foreign fighters nei paesi di origine europei e compiere attacchi terroristici.

 

Tra i paesi considerati obiettivi di primaria importanza l’Inghilterra, la Francia, l’Italia e lo Stato del Vaticano ipotizzando possa essere condotto attacco suicida ai danni del Papa in occasione di una celebrazione religiosa domenicale.

Gli analisti israeliani hanno ipotizzato un attacco simultaneo anche ai danni stazioni ferroviarie nei pressi dello Stato Vaticano per mezzo di un particolare modello di drone facilmente acquistabile su Amazon con soli 700 $ statunitensi.

Da qui la necessità di avvalersi di impianti normativi ad hoc affinché l’utilizzo dei droni avvenga senza ledere il diritto di alcuno, o meglio, senza creare problemi alla sicurezza e all’ordine pubblico.

Tale attività va affiancata, quindi, allo studio e alla realizzazione di efficaci strumenti o mezzi di contrasto all’emergente minaccia. La vera necessità è quella di rispondere ad un quesito di natura tecnica, ovvero: è possibile neutralizzare la minaccia rappresentata da un drone il cui uso ha finalità criminali o terroristiche? E se si, come?

 

Attualmente vengono adoperate tecniche abbastanza efficaci, in grado di rendere innocui e neutralizzare gli “UAV aggressivi”, grazie alla loro preventiva individuazione già nelle fasi di decollo per poi seguirne il volo e magari il rientro.

Seppur di dimensioni limitate, i motori dei droni durante il loro funzionamento emettono radiazioni termiche e onde acustiche dalle eliche che ne permettono l’individuazione da parte di radar dedicati. Siamo di fronte a vere e proprie operazioni di Surveillance & Target Acquisition.

Per il loro abbattimento o per rendere gli stessi innocui, vi sono diverse tecniche, come:

 

Inibizione segnale radio. Tecnica permutata dal settore militare che vede l’utilizzo di apparecchiature Jammer, in grado di bersagliare il “drone minaccia” con onde radio creando un disturbo di segnale tra l’UAV e il telecomando.

 

Normalmente i droni attualmente in commercio lavorano su frequenze tipiche per il controllo remoto o per la trasmissione di video o foto, ovvero, 433MHz, 900-915 MHz, 1,3 GHz, 2,4 GHz o 5,8 GHz che possono essere interessate da contromisure elettromagnetiche.

Contromisure che consentono di “agganciare”, e quindi intercettare il link di comando o video del drone, rendendo possibile sia la geo-referenziazione dello stesso che del pilota. Il segnale intercettato può essere anche inibito interrompendo il collegamento tra il velivolo e il pilota.

Il drone “colpito” perderà potenza e controllo da parte del pilota rendendo possibile, quindi, un atterraggio del velivolo in una determinata area.

E’ bene rammentare che molti UAV sono muniti di dispositivi GPS e sistemi che attivano la nota funzione “return to home”, sistema che talvolta si attiva automaticamente ogni qualvolta si viene a verificare un’interruzione di segnale dalla postazione di comando remota e il drone; con opportuni sistemi di tracciamento è possibile individuare la posizione esatta del pilota.

Nelle immagini di seguito proposte sono ritratti particolari tipi di jammer, dei veri e propri fucili capaci di emettere onde elettromagnetiche, e che grazie alle proprietà di direttività delle antenne sono in grado di colpire il drone minaccia con elevata precisione. Si consideri, infatti, che il cono di azione è pari a 30°.

Si tratta del sistema meglio noto come Drone Defender della casa produttrice Battelle dell’Ohio, già in dotazione a truppe statunitensi presenti sul suolo iracheno. Il raggio di azione efficace di tale dispositivo è di circa 400 metri, con una autonomia operativa di circa 5 ore, il cui peso di 4,5 chili rende tale arma facilmente brandeggiabile.

Il sistema jammer in questione può essere applicato anche su arma convenzionale grazie all’uso della cosiddetta slitta Picatinny, infatti, come si nota nella medesima immagine si possono sfruttare le basi modulari di aggancio, come avviene per un normale sistema di puntamento con mirino olografico.

La slitta è meglio nota con la denominazione NATO standard STANAG 2324, e con denominazione commerciale MIL-STD-1913.

Anche unità del Syrian National Defense Forces utilizzano tale tipo di jammer per neutralizzare i droni delle brigate aeree del Califfo e dall’immagine proposta, infatti, si nota il Drone Defender installato su un pick-up e di seguito un drone spia abbattuto dallo stesso abbattuto.

Operazioni del genere sono state brillantemente condotte da squadre specializzate nell’uso di tale jammer, soprattutto nei centri abitati siriani di Hama, di Latakia e in quartieri occidentali di Aleppo.

Fonti ufficiali hanno confermato che i jammer sono in dotazione anche al Syrian Arab Army impegnato a contrastare sia le milizie anti al-Assad, Hayat Tahrir al-Sham, che quelle dello Stato Islamico.

Diversi servizi giornalistici hanno confermato con i propri servizi, che nei quartieri di Mosul truppe regolari irachene utilizzano il sistema anti-drone di fattura coreana MD-1, sistema capace di proiettare un fascio di onde elettromagnetiche a notevoli distanze, almeno 1.100 metri e con un cono di azione variare tra i 100 e i 300 metri.

Il sistema coreano può utilizzare anche sistemi di visione notturna o rilevazione termica di obiettivi, particolarmente efficace in presenza di condizioni ambientali caratterizzate da scarsa visibilità o condizioni meteo avverse.

 

Laser. Questa tecnica consiste nel puntare un fascio laser in direzione della fotocamera del drone rendendolo “cieco”, fino a bruciare o danneggiare tanto seriamente il sensore visivo che il pilota non avrebbe le giuste informazioni per programmare il volo di ritorno.

 

Drone kamikaze. Con tale espressione si intende l’utilizzo di droni di piccole dimensioni, e dal prezzo molto basso, che vengono proiettati in direzione del drone minaccia e a seguito della collisione, provocherebbe seri danni e quindi l’abbattimento dell’intruso.

 

Sono in commercio per finalità ludiche, mini-droni muniti di cannoni al cui interno sono alloggiate delle sfere, e in grado di proiettare le stesse anche a distanza di due metri.

 

Fucili ad aria compressa. Tra le tecniche di protezione e neutralizzazione di UAV minacciosi vanno considerati anche i fucili ad aria compressa, i cui proiettili una volta colpiti i motori o le eliche ne provocano la perdita di quota o abbattimento.

 

Lenza da pesca. L’installazione di pali verticali collegati tra loro con la lenza da pesca, estremamente sottili e invisibili, rappresentano di fatto una insidiosa barriera o trappola per i velivoli che ne verrebbero in collisione, e quindi proteggere aree ritenute “no fly zone”.

 

Volatili. Vi sono aziende specializzate nell’addestrare aquile o falchi nell’intercettare e catturare i droni minaccia, infatti, vengono sottoposti a continui allenamenti che consentono ai volatili di riconoscere il caratteristico rumore emanato dai droni quadricotteri per poi afferrarli in piena sicurezza.

 

In fase di studio l’utilizzo di stormi di piccioni che grazie al loro volo in stormo, su aree particolarmente sensibili, costituirebbero un serio impedimento per i droni minaccia sia per il sorvolo che per la ripresa fotografica.

 

Falconeria elettronica. Al pari di volatili addestrati nell’intercettare e neutralizzare i droni minaccia, vi sono programmi sviluppati dalla Michigan Tech University che prevedono l’uso di un drone octocottero in grado di individuare – anche a distanze di 15 metri – di un UAV che ha violato un determinato spazio aereo per poi catturarlo proiettando verso di esso una rete.

 

Percettori acustici. Sistema di difesa già attivo presso diversi istituti carcerari, stadi o uffici governativi negli Stati Uniti d’America costituito da percettori acustici ad altissima sensibilità installati nei pressi dei suddetti siti e in grado di lanciare un segnale di pericolo agli operatori di vigilanza, e tra i già attivi va annoverato il noto Drone Shield.

 

Il 17 ottobre di quest’anno il drappo nero dello Stato Islamico ha smesso di campeggiare su palazzi della capitale del Califfato, infatti, la città di Raqqa è stata liberata dopo dure battaglie condotte dalle unità dell’SDF, le unità del Syrian Democtratic Forces, affiancate da militari delle forze curdo-siriane dello Ypg e assistiti dall’aviazione militare statunitense contro i jihadisti ivi riparati.

 

Mentre questo articolo viene scritto, combattimenti sono ancora in corso in quartieri della città di Raqqa, in attesa che le ultime sacche di resistenza vengano definitivamente cacciate o sconfitte.

Nel corso delle ultime ore, inoltre, centinaia di jihadisti si sono volontariamente arresi alle forze di liberazione – in virtù di accordi tra le parti -, ma altri irriducibili e motivati jihadisti si sono dati alla fuga. Tra questi molti foreign fighters sono intenzionati a raggiungere l’Iraq, ovvero, le cittadine di Rawa e Qaim e la città siriana di Deir Ezzor dove, secondo gli analisti sul campo, dovrebbe avvenire l’ultimo confronto tra la coalizione internazionale anti-SI e i militanti del drappo nero.

Lo Stato Islamico è stato sconfitto “militarmente” sui terreni iracheni e siriani ma non “ideologicamente”, e tale circostanza costringerà i suoi adepti ad organizzare latitanze in aree favorevoli dove pianificare nuovi attentati o attacchi contro il nemico occidente e suoi alleati.

Come avvenne negli anni antecedenti la sua nascita, lo Stato Islamico riassumerà l’assetto operativo di un’organizzazione terroristica con finalità e modus operandi caratterizzate dalla clandestinità con l’obiettivo di colpire il nemico con letali ed efficaci attentati.

Operazioni di martirio complesse o più semplici azioni di self jihad, condotte con accoltellamenti o investimento di cittadini inermi dentro e fuori i confini della dar al-Islam, quindi anche in occidente.

Tra le modalità operative degli attacchi, pertanto, potrebbero trovare facile applicazione anche il collaudato uso di droni esplosivi come avvenuto in Siria e in Iraq.

 

 

per scaricare il pdf: la minaccia dal cielo1