settembre 29, 2017
LA COMPLESSITÀ DI ISLAMIC STATE
di Andrea Sperini
Le manifestazioni del terrorismo internazionale degli ultimi anni non solo hanno evidenziato nuove
dinamiche rispetto al suo agire ma anche, e soprattutto, ne hanno rideterminato la percezione. Ai lontani conflitti e sconvolgimenti geopolitici mediorientali, che hanno visto emergere e consolidarsi l’autoproclamato stato islamico -IS-, hanno fatto seguito le tragiche azioni terroriste poste in essere, in modo sequenziale e tragicamente efficiente, dai suoi affiliati nel cuore dell’Europa.
Le stragi di Parigi ed i recentissimi attacchi condotti all’aeroporto ed alla metropolitana di Bruxelles hanno chiaramente evidenziato le capacità operative di IS ponendoci innanzi alla complessità di un
fenomeno che ci appare ormai come avvolgente e quotidiano nelle sua manifestazioni. È evidente come le azioni terroristiche condotte in Europa, attuate con metodica continuità, rappresentino uno spartiacque tra il terrorismo “raccontato” dai mezzi d’informazione e quello realmente percepito e quindi vissuto; detta percezione è certamente amplificata dall’incapacità di categorizzare un fenomeno, inaspettato e complesso, che risulta ancora incomprensibile in una società, quella europea, non più abituata da oltre mezzo secolo a fare i conti con aspetti di violenza permanenti e globali.
Ma cosa rende il terrorismo dell’autoproclamato stato islamico così preoccupante e dilagante? La sua reale novità risiede probabilmente nella sua complessità; se si dovesse catalogare l’azione proposta da IS, questa non potrebbe che essere definita come complessa, per forma e sostanza. Comprendere questo dà modo di avere una chiave di lettura concreta, attraverso la quale analizzare il reale percorso di quella che è qualcosa di più di una semplice, per quanto evoluta nei metodi, organizzazione terrorista.
Ad un’attenta analisi Islamic State sembra costituire un vero e proprio sistema alternativo, comprensivo di aspetti politici, economici e sociali talmente funzionali da essere stati capaci di contrapporsi ai preesistenti e tradizionali assetti statuali. È complessa la sua struttura, capace sia di evidenziare gli aspetti elementari del terrorismo “metodo”, sia di proporre una vera e propria politica di governo da esercitare in senso “metodologico” sui territori da esso militarmente controllati fino al punto di rideterminare, in parte, il concetto di conflitto “asimmetrico” che da sempre aveva contraddistinto la guerra tra stati-nazione e gruppi terroristi. È complesso il suo ambizioso progetto politico teso a ridefinire gli spazi e ad influenzare scenari globali, anche attraverso la gestione di una propria economia illegale ma reale e capace di penetrare e condizionare i mercati. È complessa la comprensione del suo “carisma” esercitato nel sociale che si alimenta di rivoluzioni non riuscite, di aspettative mancate e di processi d’integrazione culturale mai realmente compiuti e definiti, ma non solo. In sintesi, il modello-sistema di Islamic State sembra prima nascere e poi trarre forza dal rapporto dialettico tra la volontà di azione, individuabile nella tradizionale idea di costituzione del califfato per mezzo del jihad e la volontà di negazione di un modello di vita e di sistema, quello europeo/occidentale, nel quale una parte dei suoi militanti, in cui son ben rappresentate le giovani generazioni, non si è mai realmente riconosciuto. In questo senso l’ideologia di IS diventa il punto critico verso il quale far convergere sia gli interessi politici dei gruppi islamisti radicali che le manifestazioni di dissenso sociale. Per ora l’innegabile forza di attrazione dell’autoproclamato stato islamico risiede in questa complessità di aspetti che ne hanno consentito una rapida ed efficace diffusione. Ma è altrettanto verosimile ritenere che, nel lungo periodo, questa stessa complessità possa costituire un elemento di debolezza che lo costringerà a rideterminarne le logiche di azione.
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