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novembre 11, 2017

NATURA GIURIDICA DELLE ONG

di Elena Razza

 

La definizione di Organizzazione Non Governativa (O.N.G) non è ricavabile in maniera univoca da alcuna fonte primaria, ma può essere ricavata dalla descrizione che alcune organizzazioni internazionali danno dei diversi organismi: possono essere tratte ad esempio le definizioni fornite dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OECD) nel “Voluntary Aid for Development 14”, dal Consiglio economico e sociale (ECOSOC) nella risoluzione 1996/31 “Relazioni consultive tra le Nazioni Unite e le organizzazioni non-governative” e dal Consiglio d’Europa (CoE) all’art.1 della Convenzione europea sul riconoscimento della personalità giuridica delle organizzazioni internazionali non governative[1].

Sulla base di tali definizioni, la dottrina ha individuato le caratteristiche che contraddistinguono tali entità da altri organismi operanti nello scenario internazionale:

  • la natura privatistica delle ONG che, a differenza delle organizzazioni intergovernative, hanno una base societaria composta da singoli individui e non da Stati;
  • l’assenza dello scopo di lucro;
  • l’internazionalità, rilevabile in alcuni casi dall’ambito di operatività che supera i confini dello Stato della sede sociale e si occupa di questioni di rilievo internazionale; oppure per la caratterizzazione in strutture di tipo “federale”, costituite da molteplici associazioni nazionali volte al perseguimento di obiettivi comuni con un coordinamento sovranazionale;
  • la struttura organizzativa permanente, che distingue gli enti non governativi da altre forme di azione sociale collettiva, quali, ad esempio, movimenti sociali o gruppi di protesta transnazionali;
  • il perseguimento di scopi di carattere “sociale”, tenuto conto che le ONG si prefiggono obbiettivi che non coincidono con gli interessi particolaristici dei propri membri, ma sono volti al raggiungimento di fini altruistici;
  • la natura pacifica dell’operato, a differenza di altri attori operanti su scala internazionale, come gruppi criminali, rioters o cellule terroristiche.

 

Sul piano della soggettività internazionale le ONG non hanno avuto un esplicito riconoscimento come soggetti di diritto internazionale: esse risultano organizzazioni private nazionali (create con atti di diritto interno) che assumono la nazionalità del paese in cui sono costituite e la forma prevista dalla legge dello Stato di costituzione.

Nell’ordinamento giuridico italiano, le ONG appartengono alla categoria giuridica delle associazioni senza fini di lucro e come tali sono disciplinate dal Codice Civile (cfr. Libro I, Titolo II, Capo II e III codice civile) e dalla Legge dell’11 agosto 2014, n.125 (Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo).

Tale riforma della Cooperazione[2], in vigore dal primo gennaio 2016 in luogo dell’abrogata L. n. 49/1987, ha rinnovato la disciplina della cooperazione internazionale allo sviluppo con un complessivo riordino di soggetti, strumenti, modalità di intervento e principi di riferimento, per tenere conto delle evoluzioni intervenute al contesto internazionale nell’ultimo trentennio e per adeguare il sistema italiano di cooperazione allo sviluppo ai modelli prevalenti negli altri paesi europei.

Tra le principali novità della norma va annoverato il passaggio dalla Direzione Generale (DGCS) all’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo[3], formalmente istituita il 1° gennaio 2016, ente con personalità giuridica di diritto pubblico che opera al fine di rafforzare l’efficacia, l’economicità, l’unitarietà e la trasparenza della politica di cooperazione allo sviluppo dell’Italia, mirata alla promozione della pace, della giustizia attraverso uno sviluppo solidale e sostenibile dei popoli e delle persone (art. 2 dello statuto).

Fatti salvi i compiti attribuiti dalla legge istitutiva al MAECI (il Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale), l’Agenzia svolge le funzioni e realizza gli interventi di Cooperazione allo sviluppo in precedenza gestiti dalla DGCS ai sensi della legge n. 49 del 1987.

La nuova disciplina ha ben definito l’ambito soggettivo degli enti che possono intervenire nell’attività di cooperazione internazionale. Il sistema della cooperazione italiana è composto dalle amministrazioni dello Stato, dalle Università, dai soggetti della cooperazione decentrata, da tutto il mondo no profit (descritto all’art. 26), dalle organizzazioni non governative alle fondazioni private, dalle associazioni delle diaspore al mondo della finanza etica e del commercio equo e solidale: sono stati quindi coinvolti a pieno titolo le imprese e il mondo profit, attori questi ultimi essenziali per la nuova cooperazione, per portare avanti programmi e progetti di cooperazione allo sviluppo, sulla base del principio di sussidiarietà. Tra i presupposti per l’operatività nell’ambito della cooperazione dei soggetti con finalità di lucro rientrano la necessità di agire con modalità conformi ai principi della normativa, l’adesione agli standard comunemente adottati sulla responsabilità sociale e alle clausole ambientali nonché il rispetto delle norme sui diritti umani per gli investimenti internazionali.

Rientrano nella categoria dei soggetti della società civile che si occupano della cooperazione allo sviluppo, oltre alle organizzazioni non governative, anche le Onlus statutariamente finalizzate alla cooperazione allo sviluppo e alla solidarietà internazionale.

Resta ferma la centralità delle organizzazioni non profit nell’attività di cooperazione allo sviluppo.

Con l’abrogazione della legge 49/87 viene soppressa anche l’idoneità delle ONG riconosciuta alle organizzazioni italiane secondo specifici criteri proprio dalla DGCS del MAECI. L’art.26 della legge 125/14 prevede infatti che l’idoneità sia di fatto sostituita dall’istituzione di un apposito elenco pubblicato e aggiornato periodicamente dall’Agenzia.

Il ruolo e lo status giuridico delle ONG all’interno delle organizzazioni internazionali varia a seconda del possesso di competenze specifiche oppure della capacità di rappresentare la società civile a livello sovranazionale.

La prima organizzazione internazionale a prevedere, nella propria Carta istitutiva, forme stabili di consultazione con le ONG è stata L’ONU [4].

La vigente normativa riguardante le relazioni fra le ONG e le Nazioni Unite è rappresentata da ECOSOC 1996/31. Il testo afferma che le organizzazioni non governative, per essere ammesse alla consultazione, debbano soddisfare numerose condizioni: perseguire fini conformi allo spirito, ai propositi e ai principi della Carta delle Nazioni Unite, sostenere l’attività dell’Organizzazione; occuparsi di materie rientranti nella competenza dell’ECOSOC e avere una reputazione internazionale nel proprio campo di attività; trarre le principali risorse economiche da fonti private; possedere una sede stabile, un atto istitutivo adottato democraticamente, e rappresentanti autorizzati a esprimersi a nome dei membri.

Considerato l’elevato numero esistente di ONG, risalta il ruolo svolto da alcune di esse, in particolare negli ultimi periodi, nelle operazioni di soccorso in mare all’interno dello scenario del Mediterraneo.

L’attività di ricerca e soccorso condotta dalle ONG non ha avuto, fino ad alcuni recenti sviluppi, specifici riferimenti normativi e si è basata su tutte quelle norme relative al soccorso in mare applicabili a qualsiasi imbarcazione civile.

Il 6 luglio 2017 in Estonia, a Tallinn, si è svolta una riunione dei Ministri della Giustizia e degli Affari Interni Tuttavia in quanto l’attività di salvataggio coinvolge tutti gli Stati membri e non può essere dissociata da una accoglienza accettabile, in maniera conforme alla previsione del principio di solidarietà di cui all’art. 80 del TFUE.

Alla riunione sopra citata le autorità italiane hanno proposto ai Ministri dell’Interno dell’UE un codice di condotta, con chiare regole, per le navi delle ONG impegnate in attività di Search and Rescue (SAR).

I punti focali di questo Codice di condotta, ancora in consultazione, saranno tredici tra cui: Attestare l’idoneità tecnica per le attività di soccorso. In particolare, viene chiesto alle ong anche di avere a bordo “capacità di conservazione di eventuali cadaveri”, Informare costantemente lo Stato di bandiera dell’attività intrapresa dalla nave, Dichiarare le fonti di finanziamento alle autorità dello Stato in cui l’ong è registrata.

I contatti di queste organizzazioni con luoghi ad elevata presenza di terrorismo ha ultimamente dato vita all’esigenza stringente di un analisi sulle fonti di sovvenzionamento delle stesse onde evitare che alcune ONG possano prestarsi, talvolta anche involontariamente, ad essere un sistema di finanziamento occulto del terrorismo internazionale ed alla criminalità in genere.

 

 

[1] ECOSOC Res. 1996/31, Consultative relationship between the United Nations and non-governmental organizations del 25 luglio 1996

[2]http://www.cooperazioneallosviluppo.esteri.it/pdgcs/download/legge%2011%20agosto%202014%20n.%20125%20-.pdf

[3] http://www.aics.gov.it/

[4] L’art. 71 recita infatti: Il Consiglio economico e sociale può prendere opportuni accordi per consultare le organizzazioni non governative interessate alle questioni che rientrino nella sua competenza. Tali accordi possono essere presi con organizzazioni internazionali e, se del caso, con organizzazioni nazionali, previa consultazione con il Membro delle Nazioni Unite interessato.

 

per scaricare il pdf: ong