settembre 29, 2017
RUSSIA, 18 ANNI DI TERRORE
di Gabriele Ferrara
La storia recente della Russia è stata caratterizzata da tanti momenti importanti, con gli ultimi tre lustri che ne hanno decretato la risalita in termini di importanza dal punto di vista geopolitico. Questo è coinciso con l’avvento di Putin nel 1999; eppure, proprio da quell’anno si sono abbattuti sulla Federazione una serie di attacchi terroristici che hanno cercato di minarne in tutti i modi la sicurezza e la stabilità, riuscendoci in maniera relativa.
Gli attentati tra il 1999 e il 2003
I primi in ordine di tempo vennero compiuti tra il 4 e il 16 settembre a Mosca, Buynaksk e Volgodonsk. Ci fu una serie di esplosioni di bombe all’interno di alcuni palazzi di queste città che portò a 293 morti e oltre 1000 feriti. Si trattò di una risposta dei ribelli islamici all’invasione del Daghestan da parte dell’esercito russo. Nessun attacco venne rivendicato, ma il 29 settembre le autorità russe chiesero alla Cecenia l’estradizione dei responsabili materiali degli attentati, con le forze di terra russe che iniziarono l’invasione della Cecenia il giorno successivo[1]. Tuttavia, secondo l’allora agente dell’Fsb Alexander Litvinenko e il miliardario Boris Berezovsky, amico del presidente Boris Eltsin, la strage fu opera dei servizi segreti russi, così da ottenere il supporto popolare alla guerra[2]. La verità non si è mai saputa, ma di certo quanto accaduto instaurò un forte clima di paura e tensione in tutta la nazione. Il terrore divenne nuovamente protagonista in Russia 11 mesi dopo, quando l’8 agosto del 2000, nei pressi del Cremlino, venne fatto esplodere un ordigno nei sottopassaggi di piazza Pushkin, che causò la morte di 13 persone, oltre a 92 feriti.
Per due anni ci fu una tregua, ma nell’ottobre 2002 il popolo di Mosca venne nuovamente colto dal terrore: un commando ceceno si infiltrò nella capitale russa e tra il 23 e 26 ottobre prese in ostaggio oltre ottocento persone nel teatro di Dubrovka. Le forze speciali russe intervennero, uccidendo i 41 guerriglieri del commando, ma anche provocando circa 130 morti, quasi tutti asfissiati dai gas. Dopo l’attacco, Putin inasprì le misure contro la Cecenia, ordinando “misure adeguate alla minaccia” e non ritirando, come invece era previsto, una parte delle truppe russe dalla repubblica caucasica.
Il capitolo successivo venne scritto l’estate seguente, quando nell’aerodromo di Tushino (sempre a Mosca) due ragazze, tra cui una cecena, fecero esplodere le loro cinture al plastico in mezzo a una folla di giovani che si stava recando a un raduno di musica rock. Morirono 16 persone, incluse le due terroriste, 59 rimasero ferite. Era il 5 luglio. Esattamente cinque mesi dopo ci fu un altro attacco, stavolta nel sud-ovest del Paese e rivendicato dal leader ceceno Shamil Basaiev. Le vittime furono 46, ma per il 2003 il terrore non era ancora finito, perché quattro giorni dopo una donna si fece esplodere davanti all’hotel National. Si trovava in via Tverskaia, al centro di Mosca, vicinissimo alla Duma. La donna morì causando altri cinque decessi e 13 feriti [3].
Il dramma del 2004
Probabilmente l’anno peggiore fu il 2004, che culminò con la strage di Beslan (1-3 settembre), ma che ebbe inizio il 6 febbraio a Mosca. In questo caso il bersaglio fu la metropolitana, con il gruppo ceceno Gazotan Murdash che fece morire 41 persone, con dinamiche simili a quelle dell’attentato del 3 aprile di 13 anni dopo. Il 24 agosto i terroristi ceceni decisero di colpire ancora i mezzi di trasporto russi, con due donne che si fecero esplodere in altrettanti aerei: uno era diretto da Mosca a Volgograd, l’altro invece dalla capitale russa a Sochi. 90 persone persero la vita, ma il peggio doveva ancora arrivare, perché il 1 settembre un commando filo-ceceno composto da 32 individui prese in ostaggio più di mille persone in una scuola di Beslan, nell’Ossezia del Nord. Le forze speciali russe intervennero: ci furono più di 330 uccisi, fra i quali molti bambini, e 700 feriti. Secondo alcuni, la causa della sparatoria fu un’esplosione spontanea che abbatté parte del muro della palestra. Secondo uno degli ostaggi fuggiti, invece, una delle bombe fissata con del nastro adesivo era caduta causando l’esplosione. Per Ruslan Aušev, uno degli uomini chiave delle trattative durante l’assedio, l’esplosione iniziale fu scatenata da uno dei sequestratori che accidentalmente calpestò uno dei fili di innesco e, di conseguenza, alcuni civili armati, apparentemente fratelli di alcuni ostaggi, iniziarono a sparare. Ciò fece credere ai terroristi che le forze speciali avessero dato il via al blitz, al quale risposero facendo seguire altre esplosioni[4]
Queste sono solamente alcune delle versioni tramandate dalla narrativa nel corso del tempo, ma quel che è certo è che quei giorni contribuirono in maniera decisiva a sedimentare la paura, il male più profondo e difficile da eliminare, nelle menti e nei cuori degli abitanti di Beslan, oltre che in quelli del resto del popolo russo. Putin dichiarò due giorni di lutto nazionale per il 6 e 7 settembre, ma non volle incontrare i familiari delle vittime, con diversi enti locali che criticarono l’operato del capo dello Stato in merito alla gestione dell’evento. Inoltre, quanto accaduto in quei giorni portò il capo del Cremlino a creare Russia Today, il primo canale televisivo russo completamente digitale, che doveva migliorare la reputazione del Paese all’estero.
Gli attacchi dal 2009 al 2013
La Russia ebbe cinque anni di pausa, ma nel 2009 il terrorismo riprese la scena, quando il 27 novembre un attentato al treno Nevsky Espress, che collegava Mosca a San Pietroburgo, fece perdere la vita a 28 passeggeri. Quattro mesi dopo, il 29 marzo, 39 persone rimasero uccise e altre 70 ferite in attentati compiuti da due donne nella metropolitana di Mosca. La prima, daghestana di 17 anni, esplose alle 7:56 durante presso la stazione Lubianka, la seconda, cecena intorno ai 20 anni, fece lo stesso 40 minuti dopo a Park Kulturi, vicino al Gorki Park. Ramzan Kadyrov, presidente della Repubblica cecena, si dissociò subito dagli avvenimenti e con lui gli esponenti delle tre maggiori religioni russe (ortodossa, islamica ed ebraica)[5]. L’evento ebbe una risonanza tale da indurre l’incremento dellla polizia e degli operatori della sicurezza della metropolitana di New York[6]. Poco dopo, il 24 gennaio 2011, venne colpita da un attentatore suicida l’area degli arrivi internazionali nell’aeroporto di Mosca-Domededovo, il più importante della capitale. L’attentato venne rivendicato dall’integralista Doku Umarov, uno dei principali comandanti dei ribelli in Cecenia e vicino ad al Qaida, impegnato nella lotta per ottenere dalla Russia il riconoscimento e l’indipendenza dell’autoproclamato Emirato del Caucaso. Il bilancio fu di 37 morti e 180 feriti.
Nei due anni successivi fu la volta del Daghestan: il 4 maggio 2012 esplosero due autobombe che fecero morire 14 persone, ferendone oltre 120. Tre mesi dopo (28 agosto) persero la vita altri sette innocenti per la stessa ragione. Nel maggio del 2013 toccò ad altri otto a Makhatchkala, mentre il 21 ottobre ci si spostò a Volgograd, dove Naida Akhiyalova, 30 anni, si fece esplodere all’interno di un autobus uccidendo sei studenti. A dicembre, il 29 e il 30, ce ne furono altri due nella medesima città: il prezzo fu di 34 morti e 85 feriti. La matrice, invece, era sempre la stessa: l’Emirato del Caucaso, in particolare una cellula affiliata del Daghestan chiamata Vilayat Dagestan. Ciò avvenne circa 40 giorni prima dell’inizio delle Olimpiadi di Sochi, dopo che lo stesso Umarov, probabilmente il mandante degli attentati, in un video dell’estate 2013 aveva esortato i militanti a utilizzare “la massima forza” affinché Putin non potesse acquistare popolarità grazie agli imminenti Giochi olimpici[7].
L’avvento dell’Isis
Gli ultimi anni sono quelli caratterizzati dagli attentati realizzati dallo Stato Islamico, autore di alcuni attacchi in Russia tra il 2015 e il 2017. Il primo risale al 31 ottobre 2015, poco prima di quelli di Parigi, quando l’Isis rivendicò l’abbattimento di un aereo russo partito da Sharm el Sheik e diretto a San Pietroburgo. L’esplosione avvenne sul Sinai e causò oltre 224 morti. Inizialmente la Russia smentì l’origine terroristica della tragedia, ma si dovette ricredere poco dopo. Tuttavia, fonti della sicurezza egiziana smentirono fermamente l’autenticità della rivendicazione e affermarono che l’aereo volava a un’altitudine tale da non poter essere abbattuto dai jihadisti. Il video “è stato chiaramente fabbricato. Per abbattere un aereo a quell’altezza i jihadisti dovrebbero avere armi sofisticate che certamente non hanno”. Perfino il ministro russo dei trasporti, Maxim Sokolov, dichiarò che la versione dei terroristi non era “attendibile” [8].
Ad ogni modo, lo Stato Islamico tornò a far sentire la propria presenza l’11 aprile del 2016, quando tre attentatori attaccarono una stazione della polizia facendosi esplodere a Novoselitskoe, un villaggio che si trova nella regione di Stavropol, nella Russia meridionale. Secondo le informazioni riferite da Ria Novosti, gli assalitori, che peraltro sono stati gli unici morti, provenivano da una cittadina situata nell’area circostante. Inoltre, secondo quanto riportato dalla polizia, dai loro nomi si intuiva che provenivano dalla zona del nord del Caucaso a maggioranza musulmana[9] . Poco prima, il 29 marzo, erano nuovamente scoppiate due bombe in Dagestan, che avevano come obiettivo le automobili delle forze dell’ordine e che causò la morte di un poliziotto. Il giorno successivo, sempre in Daghestan, una bomba esplosa in un posto di blocco aveva ucciso un poliziotto e ferito un altro. In ambo i casi il califfato rivendicò l’attacco[10].
Si arriva così all’ultimo, quello del 3 aprile 2017, quando Akbarzhon Jalilov, 22enne kirghiso, fece esplodere una bomba in metropolitana intorno all’ora di pranzo (circa le 14,40 locali). La deflagrazione, dissero gli artificieri, sarebbe stata causata “da un ordigno artigianale probabilmente lasciato su un vagone prima della partenza del convoglio“, e quindi non da un terrorista kamikaze. I morti in totale furono 14, i feriti 47 [11]. Tutto l’Occidente, compreso il presidente statunitense Donald Trump, mostrò subito solidarietà, dichiarando il proprio sostegno alla Russia, ma il vero problema è rimasto, ovvero la mancanza di un sentiero comune e concreto per combattere il terrorismo islamico.
Questo problema è collegato strettamente a quello dell’immigrazione e alla situazione geopolitica in Siria e Libia, dove lo Stato Islamico sembra destinato a scomparire. Ciò potrebbe comportare un incremento del numero di attentati in Europa, ragione ulteriore per riflettere attentamente sulle misure da utilizzare in materia. In tal senso, Putin sta perseguendo una linea coerente e onesta nei confronti degli immigrati, verificandone però la durata e lo scopo del soggiorno: “Occorre risolvere il problema degli stranieri che entrano nel nostro Paese con il regime senza visto e che risiedono per lungo tempo in Russia senza uno scopo ben definito. Almeno in apparenza… Forse qualche scopo lo perseguono, ma lo Stato non ne è al corrente” [12]. Tuttavia, per comprendere la questione, è necessario considerare anche le misure di sicurezza, che potrebbero diventare sempre più stringenti. Tra le altre cose, si potrebbe prestare ancora più attenzione alle infrastrutture pubbliche e alle circostanze foriere di assembramenti (metropolitana, stazioni ferroviarie, treni, aeroporti). Non meno importante, infine, sarà la scelta che il Cremlino farà in relazione ai rapporti con Assad, alleato storico della Federazione. Da questo punto di vista, è molto interessante quanto affermato dal politologo Aleksej Arbatov, “La Siria non è per noi un alleato, ma un partner. Se il confronto si svilupperà oltre ogni limite, rendendo possibile uno scontro diretto, la Russia dovrà trovare un’altra variante di interazione con il problema siriano”[13].
Sicuramente l’esito della questione darà una chiave di lettura fondamentale per comprendere meglio la situazione sul piano geopolitico, e quindi anche per affrontare un fenomeno destinato a imperversare in gran parte del globo ancora per anni. Quanti non è dato saperlo.
[1] http://www.corriere.it/esteri/10_marzo_29/mosca-precedenti-attentati_13e69398-3afa-11df-80d0-00144f02aabe.shtml?refresh_ce-cp
[2] http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Mondo/2009/09/russia-putin.shtml?refresh_ce=1
[3] http://www.lastampa.it/2013/12/29/esteri/russia-i-pi-gravi-attentati-dal-6lASWB8quFSqTlijlXkURJ/pagina.html
[4] https://www.csmonitor.com/2006/0901/p07s01-woeu.html
[5] http://www.lettera43.it/it/articoli/mondo/2017/04/03/san-pietroburgo-tutti-gli-attentati-in-russia-dal-1999/209732/
[6] https://www.newsday.com/long-island/subway-lirr-security-ramped-up-after-bombings-1.1836055?firstfree=yes
[7] https://sport.sky.it/olimpiadi/2013/07/03/umarov_capo_guerriglieri_caucaso_minacchia_giochi_sochi.html
[8] http://www.corriere.it/esteri/15_ottobre_31/egitto-mistero-scomparsa-aereo-sharm-ba28ee9a-7fa0-11e5-8b57-f1b8d18d1f0e.shtml
[9] http://www.reuters.com/article/us-russia-crime-blast/three-men-blow-themselves-up-outside-police-station-in-southern-russia-idUSKCN0X80RD
[10]http://www.repubblica.it/esteri/2016/04/11/news/russia_tre_attentatori_si_fanno_esplodere_a_stavropol_nessuna_vittima-137369428/
[11] http://edition.cnn.com/2017/04/04/europe/st-petersburg-russia-explosion/index.html
[12] https://it.rbth.com/societa/2017/05/24/come-cambiato-latteggiamento-dei-russi-verso-gli-immigrati_769314
[13] https://it.rbth.com/mondo/2017/04/12/riuscira-la-russia-a-negare-il-suo-appoggio-a-bashar-assad_740481
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